L’Italia alla scoperta dello smart working

L’Italia alla scoperta dello smart working

Il nostro Paese si trova in questo periodo di fronte a un’emergenza senza precedenti e la crisi, oltre che sanitaria, è diventata ben presto anche sociale ed economica.

 

Per poter salvare il salvabile ci si è dovuti adattare nonostante l’impossibilità di recarsi al lavoro per le restrizioni attuate dal Governo; è diventato perciò indispensabile trovare un modo per lavorare stando a casa: lo smart working.

 

Questa possibilità è adatta soprattutto ai lavoratori del Terzo Settore, che necessitano di meno strumenti per poter lavorare, ma non sempre è applicabile: talvolta c’è il bisogno di materiale cartaceo che si trova solo sul luogo di lavoro o particolari programmi o server che non sono installabili sul computer personale.

 

Un’altra criticità è il coordinamento tra colleghi, che diventa più difficile e laborioso: telefonate, messaggi ed e-mail al posto di un semplice dialogo possono essere stressanti e generare misunderstanding, ma sono gestibili con chat di gruppo sempre attive e la suddivisione ancora più definita dei compiti di ognuno. Aumenta l’individualità del lavoro, ma allo stesso tempo sono ancora più importanti le capacità di cooperare, in quanto da remoto è molto più complicato.

 

Il lavoro agile ha sicuramente anche dei pregi: l’azienda riduce drasticamente i costi legati al luogo di lavoro come bollette di luce, acqua, gas e materiale per l’igiene; mentre il dipendente non spende in benzina o abbonamenti ai trasporti pubblici, mensa ed eventualmente anche baby-sitting.

 

Vi sono anche comodità non da poco: si riesce a dormire qualche minuto in più, gli abiti eleganti lasciano il posto alla tuta e la scrivania può essere sostituita dal divano (stando attenti alla postura però), si mangia a casa e si possono tenere d’occhio i figli gestendo al meglio il proprio tempo.

 

In altri Paesi tale strumento era già molto sfruttato prima della diffusione del Coronavirus con buoni risultati: Stati Uniti, Giappone e Paesi scandinavi hanno infatti grandi percentuali di smart workers, che recenti studi descrivono come maggiormente ingaggiati e soddisfatti del proprio lavoro rispetto a chi si reca in ufficio.

 

L’Italia negli ultimi anni ha visto crescere le imprese, piccole e grandi, che utilizzano il telelavoro, pur rimanendo alle spalle della maggior parte delle altre nazioni. Questo può essere quindi il momento giusto per iniziare a sfruttarlo laddove porti benefici, ma scopriremo al termine dell’emergenza se è stata solo una breve e necessaria parentesi o se diventerà un’abitudine diffusa anche nel nostro territorio.

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