Il nuovo nemico dell’industria dello spettacolo: Telegram

Il nuovo nemico dell’industria dello spettacolo: Telegram

Telegram è un’app di messaggistica istantanea e broadcasting in cloud; presenta un’offerta più ampia rispetto al più conosciuto WhatsApp: oltre a chiamate, conversazioni private e di gruppo (fino a 200.000 partecipanti), vi sono canali e bot. I primi sono chat in cui possono scrivere solo gli amministratori, mentre gli altri membri si limitano alla lettura; i secondi invece sono account con molteplici funzionalità gestiti da un programma che offrono risposte immediate e automatizzate.

 

Le policy di questo social sono molto protettive riguardo la privacy degli utenti: si possono infatti creare chiamate e chat segrete (a cui neanche le Forze dell’Ordine potrebbero accedere se ne avessero necessità) e non vi è censura. Tutto ciò ovviamente, seppur non in modo volontario o diretto, agevola l’illegalità.

 

Sono numerosi in effetti i canali che sfruttano queste libertà per perseguire attività proibite, per la maggior parte legate alla pirateria: molti pubblicano link a siti su cui guardare partite o film in streaming o addirittura vendono a basso prezzo account premium di servizi in abbonamento come Netflix, Spotify o Dazn.

 

Essendo purtroppo un fenomeno diffuso, non è per niente trascurabile, in quanto reca un danno tangibile a queste piattaforme e al loro fatturato. L’intero settore di Pay TV e servizi in abbonamento viene dunque largamente penalizzato, il che si ripercuote su industria cinematografica, musicale, sportiva e in generale sul mondo dello spettacolo.

 

Questi account sono principalmente frutto di hackeraggi oppure prove gratuite abbinate a indirizzi e-mail fittizi, mentre i link indirizzano a siti illegali che guadagnano grazie ai banner pubblicitari e in cui spesso si nascondono virus che minacciano i devices di chi li visita.

 

Per ovviare a questo problema, in Italia vi è una legge con sanzioni che puniscono anche con il carcere i proprietari di tali canali e siti così come gli utenti che ne usufruiscono, ma ad ora ha ottenuto risultati poco soddisfacenti. L’anno scorso era stata presentata una proposta di legge per inasprirla ulteriormente, ma non ha avuto successo.

I proprietari dell’app non sembrano intenzionati a cambiare la propria posizione nei confronti degli utenti assumendo norme più restrittive, perciò non ci resta che confidare nell’onestà personale degli utenti e nelle Autorità per proteggere i settori che ne rimangono danneggiati.

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